@sdmakeup: O amor de mãe tem muitas formas, e agora também tem novas cores. 💄 Neste Dia das Mães, Lica Lopes se une às filhas, Alicia e Vanessa Lopes, para apresentar o lançamento que celebra os momentos mais marcantes entre mães e filhas: o Box Hydra Creamy Love Lips. Uma edição limitada com três batons vibrantes que traduzem sentimentos inesquecíveis — do carinho ao amor intenso. Intense Red, First Kiss e Passion Red foram criados para deixar na memória não só a cor, mas também a emoção de cada troca de olhar, de cada cuidado compartilhado. Presenteie com afeto, use com significado. Porque tem marcas que só o amor de mãe deixa. Comente aqui: qual dessas cores mais combina com a sua história?

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Wednesday 16 April 2025 23:02:27 GMT
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nicolas.tavarezi
Nícolas Tavarezi :
@gui 🫶🏻
2025-10-03 00:13:31
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dudasampaiooo
dudasampaiooo :
😍😍😍
2025-04-17 00:53:12
0
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Roberto Mancini è sempre stato un impulsivo. Sul campo, con gesti tecnici paurosi come il gol di tacco a Parma. Nello spogliatoio, come quando prese di peso Bokšić durante un allenamento perché, secondo lui, non si stava impegnando. Quell’impulso se l’è portato da allenatore.  Tante volte, anche lì, è genialità. Pensate che un anno a Natale mandò una vecchia maglia di lana dell’Inter a Moratti con un biglietto: «Un giorno allenerò la sua squadra». Nel 2008, dopo 7 trofei vinti all’Inter, venne a sapere che Moratti stava pensando di sostituirlo. Sbottò nella conferenza stampa post Liverpool e di fatto finì così la sua carriera nerazzurra. Quella sera stessa Moratti chiamò Mourinho e non tornò più indietro, nonostante il pentimento dell’allenatore di Jesi. L’8 agosto del 2016 fu, invece, risoluzione consensuale per chiudere la sua Inter bis, decisamente meno vincente e forte economicamente. Aveva chiesto Yaya Touré, Vermaelen e Reus, e si era sentito dire tre volte no da Thoir. Gli erano arrivati Gabigol e João Mário, che aveva bollato come inadatti. L’estate era stata difficile, con un ritiro in cui si era reso conto di non avere abbastanza motivazioni e un 1-6 contro il Tottenham che aveva messo dubbi alla società. Fuori Mancio, dentro De Boer. Questa volta i malumori andavano avanti da tempo. La Federazione ha tolto a Mancio tre collaboratori: Nuciari, Lombardo ed Evani, e lui ha sempre fatto dello staff-famiglia un valore. Ed era tutto un bluff il «più poteri a Mancini con la supervisione dell’under 20 e 21». Gli hanno affidato collaboratori che non voleva e si è ribellato. In più – ed è sicuro - è stato chiamato dall’Arabia, ma è un argomento secondario. Fosse stato bene, sarebbe rimasto. Alle dimissioni aveva già pensato dopo il Mondiale mancato, all’epoca la Federazione lo convinse a restare, portandogli anche tanto lavoro sul piano commerciale: lo abbiamo visto in tanti spot televisivi. Talento impulsivo, ci ha regalato un Europeo fantastico in un’estate più dura che mai per via del Covid. Un grazie finale è doveroso.
Roberto Mancini è sempre stato un impulsivo. Sul campo, con gesti tecnici paurosi come il gol di tacco a Parma. Nello spogliatoio, come quando prese di peso Bokšić durante un allenamento perché, secondo lui, non si stava impegnando. Quell’impulso se l’è portato da allenatore. Tante volte, anche lì, è genialità. Pensate che un anno a Natale mandò una vecchia maglia di lana dell’Inter a Moratti con un biglietto: «Un giorno allenerò la sua squadra». Nel 2008, dopo 7 trofei vinti all’Inter, venne a sapere che Moratti stava pensando di sostituirlo. Sbottò nella conferenza stampa post Liverpool e di fatto finì così la sua carriera nerazzurra. Quella sera stessa Moratti chiamò Mourinho e non tornò più indietro, nonostante il pentimento dell’allenatore di Jesi. L’8 agosto del 2016 fu, invece, risoluzione consensuale per chiudere la sua Inter bis, decisamente meno vincente e forte economicamente. Aveva chiesto Yaya Touré, Vermaelen e Reus, e si era sentito dire tre volte no da Thoir. Gli erano arrivati Gabigol e João Mário, che aveva bollato come inadatti. L’estate era stata difficile, con un ritiro in cui si era reso conto di non avere abbastanza motivazioni e un 1-6 contro il Tottenham che aveva messo dubbi alla società. Fuori Mancio, dentro De Boer. Questa volta i malumori andavano avanti da tempo. La Federazione ha tolto a Mancio tre collaboratori: Nuciari, Lombardo ed Evani, e lui ha sempre fatto dello staff-famiglia un valore. Ed era tutto un bluff il «più poteri a Mancini con la supervisione dell’under 20 e 21». Gli hanno affidato collaboratori che non voleva e si è ribellato. In più – ed è sicuro - è stato chiamato dall’Arabia, ma è un argomento secondario. Fosse stato bene, sarebbe rimasto. Alle dimissioni aveva già pensato dopo il Mondiale mancato, all’epoca la Federazione lo convinse a restare, portandogli anche tanto lavoro sul piano commerciale: lo abbiamo visto in tanti spot televisivi. Talento impulsivo, ci ha regalato un Europeo fantastico in un’estate più dura che mai per via del Covid. Un grazie finale è doveroso.

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