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“Whatever it takes” -> ve lo ricordate? 📍Londra, 26 luglio 2012. Mario Draghi pronuncia una frase destinata a cambiare la storia economica dell’Europa. In quel momento l’eurozona è a un passo dal collasso. Dopo il fallimento di Lehman Brothers nel 2008, la crisi si è trasformata in crisi del debito sovrano europeo. Grecia, Portogallo, Irlanda hanno chiesto aiuto. Spagna e Italia sono nel mirino dei mercati: gli spread schizzano oltre i 500 punti, gli investitori iniziano a scommettere sulla rottura dell’euro. All’interno della BCE ci sono due visioni opposte: • una, guidata da Draghi e sostenuta da Paesi come Italia, Spagna e Francia, ritiene che la BCE debba intervenire per proteggere l’unione monetaria; • l’altra, più rigorista e rappresentata da Germania, Olanda e altri “falchi” del Nord, vuole che la BCE non vada oltre il proprio mandato, temendo un azzardo morale e l’uso improprio di strumenti monetari. Quel 26 luglio, Draghi sceglie una linea chiara. Non è solo un messaggio ai mercati, ma anche ai suoi colleghi nel board della BCE: “Nell’ambito del nostro mandato, siamo pronti a fare tutto il necessario per preservare l’euro. E credetemi: sarà abbastanza”. È una svolta. Nessuna misura tecnica annunciata, nessuna cifra svelata. Solo un messaggio: la BCE non resterà a guardare. Dopo quel discorso, gli spread cominciano a scendere. I mercati si calmano. A settembre, Draghi presenta l’OMT (Outright Monetary Transactions), un programma per acquistare titoli di Stato dei Paesi in difficoltà, a determinate condizioni. “Whatever it takes” non è solo una frase. È il simbolo del momento in cui l’Europa ha deciso di difendere se stessa e la BCE si è assunta, di fatto, un ruolo politico. Un esempio di quanto contano leadership e comunicazione nelle crisi sistemiche. #draghi #whateverittakes
“Whatever it takes” -> ve lo ricordate? 📍Londra, 26 luglio 2012. Mario Draghi pronuncia una frase destinata a cambiare la storia economica dell’Europa. In quel momento l’eurozona è a un passo dal collasso. Dopo il fallimento di Lehman Brothers nel 2008, la crisi si è trasformata in crisi del debito sovrano europeo. Grecia, Portogallo, Irlanda hanno chiesto aiuto. Spagna e Italia sono nel mirino dei mercati: gli spread schizzano oltre i 500 punti, gli investitori iniziano a scommettere sulla rottura dell’euro. All’interno della BCE ci sono due visioni opposte: • una, guidata da Draghi e sostenuta da Paesi come Italia, Spagna e Francia, ritiene che la BCE debba intervenire per proteggere l’unione monetaria; • l’altra, più rigorista e rappresentata da Germania, Olanda e altri “falchi” del Nord, vuole che la BCE non vada oltre il proprio mandato, temendo un azzardo morale e l’uso improprio di strumenti monetari. Quel 26 luglio, Draghi sceglie una linea chiara. Non è solo un messaggio ai mercati, ma anche ai suoi colleghi nel board della BCE: “Nell’ambito del nostro mandato, siamo pronti a fare tutto il necessario per preservare l’euro. E credetemi: sarà abbastanza”. È una svolta. Nessuna misura tecnica annunciata, nessuna cifra svelata. Solo un messaggio: la BCE non resterà a guardare. Dopo quel discorso, gli spread cominciano a scendere. I mercati si calmano. A settembre, Draghi presenta l’OMT (Outright Monetary Transactions), un programma per acquistare titoli di Stato dei Paesi in difficoltà, a determinate condizioni. “Whatever it takes” non è solo una frase. È il simbolo del momento in cui l’Europa ha deciso di difendere se stessa e la BCE si è assunta, di fatto, un ruolo politico. Un esempio di quanto contano leadership e comunicazione nelle crisi sistemiche. #draghi #whateverittakes

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