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Mama Vs Candy
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Friday 18 July 2025 14:34:15 GMT
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melissababybird
Melissa Phillips :
I love your ring!
2025-07-18 14:49:57
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theminiglowhouse5
The Mini Glow House🛍️🎀 :
Do u do pr?
2025-07-19 00:38:21
0
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C’era entusiasmo a Pescara nell’estate del 2016. Il Delfino era tornato in Serie A dopo sei anni, grazie a un’entusiasmante cavalcata nei playoff della Serie B sotto la guida di Massimo Oddo, giovane allenatore e campione del mondo 2006. La squadra giocava un calcio offensivo, coraggioso, che aveva incantato molti, e i tifosi avevano negli occhi i gol di Gianluca Lapadula, anche se lui era già volato al Milan. Il ritorno nella massima serie era accolto come una festa: la città sognava di restare tra i grandi, pur sapendo che sarebbe stata dura. Ma nessuno poteva immaginare quanto lo sarebbe stata. Un campionato iniziato... e mai davvero iniziato Il campionato del Pescara cominciò con una bella illusione: pareggio 2-2 contro il Napoli, e subito dopo una vittoria a tavolino contro il Sassuolo, per via di un’irregolarità nella distinta degli emiliani. Quella resterà, ironicamente, l’unica vittoria ufficiale dei biancazzurri fino ad aprile. Sul campo, il Pescara perdeva quasi sempre. E anche quando giocava bene, usciva sconfitto. La difesa colava a picco, l’attacco si perdeva in azioni leggere come sabbia tra le dita. Le belle idee di Oddo si schiantavano contro la cruda realtà della Serie A. Oddo, il capitano che affonda con la nave Oddo provò a restare a galla, cambiando moduli, uomini, filosofie. Ma nulla funzionava. La squadra sembrava fragile, troppo leggera per il livello della competizione. Eppure lui restò, fino alla fine di febbraio. Dopo l’ennesima sconfitta, e con la squadra ultima in classifica, Oddo fu esonerato. Al suo posto arrivò Zdeněk Zeman, profeta del gioco offensivo, richiamato quasi per nostalgia — per ricordare i bei tempi di Immobile–Insigne–Verratti. Zeman portò entusiasmo e un 5-0 al Genoa nel suo ritorno al debutto. Sembrò la scintilla. Ma fu un fuoco fatuo. Una retrocessione inevitabile Il Pescara non riuscì mai a trovare una vera identità. Chiude la stagione con soli 18 punti, 3 vittorie in tutto (una sola sul campo), e una difesa da incubo: 81 gol subiti. Ultimo posto in classifica (20º) 18 punti totali 3 vittorie, 9 pareggi, 26 sconfitte Gol fatti: 37 Gol subiti: 81 Un dato clamoroso: nessuna squadra, negli anni 2000, aveva fatto così pochi punti. I protagonisti (nel bene e nel male) Caprari e Benali provarono a illuminare qualche azione. Alberto Gilardino, arrivato da veterano, segnò solo un gol. In porta si alternarono Bizzarri e altri, spesso bersagliati. E poi c’erano giovani promesse come Verre e Brugman, affondate con la nave. Il bilancio: bellezza senza sostanza Il Pescara 2016-17 fu una squadra che provò a giocare, ma non aveva i mezzi per farlo. Un gruppo tecnico, forse troppo inesperto. Una rosa costruita male. E un campionato crudele, dove la leggerezza si paga a caro prezzo. Ma nonostante tutto, lo stadio Adriatico applaudì. Fino alla fine. Perché il Pescara aveva provato a non snaturarsi. E in quella sconfitta, c’era almeno la dignità di chi ha voluto restare fedele a se stesso. Una stagione da dimenticare, ma che – in fondo – racconta il coraggio di chi ha provato a volare, anche senza le ali. #pescara #seireatim
C’era entusiasmo a Pescara nell’estate del 2016. Il Delfino era tornato in Serie A dopo sei anni, grazie a un’entusiasmante cavalcata nei playoff della Serie B sotto la guida di Massimo Oddo, giovane allenatore e campione del mondo 2006. La squadra giocava un calcio offensivo, coraggioso, che aveva incantato molti, e i tifosi avevano negli occhi i gol di Gianluca Lapadula, anche se lui era già volato al Milan. Il ritorno nella massima serie era accolto come una festa: la città sognava di restare tra i grandi, pur sapendo che sarebbe stata dura. Ma nessuno poteva immaginare quanto lo sarebbe stata. Un campionato iniziato... e mai davvero iniziato Il campionato del Pescara cominciò con una bella illusione: pareggio 2-2 contro il Napoli, e subito dopo una vittoria a tavolino contro il Sassuolo, per via di un’irregolarità nella distinta degli emiliani. Quella resterà, ironicamente, l’unica vittoria ufficiale dei biancazzurri fino ad aprile. Sul campo, il Pescara perdeva quasi sempre. E anche quando giocava bene, usciva sconfitto. La difesa colava a picco, l’attacco si perdeva in azioni leggere come sabbia tra le dita. Le belle idee di Oddo si schiantavano contro la cruda realtà della Serie A. Oddo, il capitano che affonda con la nave Oddo provò a restare a galla, cambiando moduli, uomini, filosofie. Ma nulla funzionava. La squadra sembrava fragile, troppo leggera per il livello della competizione. Eppure lui restò, fino alla fine di febbraio. Dopo l’ennesima sconfitta, e con la squadra ultima in classifica, Oddo fu esonerato. Al suo posto arrivò Zdeněk Zeman, profeta del gioco offensivo, richiamato quasi per nostalgia — per ricordare i bei tempi di Immobile–Insigne–Verratti. Zeman portò entusiasmo e un 5-0 al Genoa nel suo ritorno al debutto. Sembrò la scintilla. Ma fu un fuoco fatuo. Una retrocessione inevitabile Il Pescara non riuscì mai a trovare una vera identità. Chiude la stagione con soli 18 punti, 3 vittorie in tutto (una sola sul campo), e una difesa da incubo: 81 gol subiti. Ultimo posto in classifica (20º) 18 punti totali 3 vittorie, 9 pareggi, 26 sconfitte Gol fatti: 37 Gol subiti: 81 Un dato clamoroso: nessuna squadra, negli anni 2000, aveva fatto così pochi punti. I protagonisti (nel bene e nel male) Caprari e Benali provarono a illuminare qualche azione. Alberto Gilardino, arrivato da veterano, segnò solo un gol. In porta si alternarono Bizzarri e altri, spesso bersagliati. E poi c’erano giovani promesse come Verre e Brugman, affondate con la nave. Il bilancio: bellezza senza sostanza Il Pescara 2016-17 fu una squadra che provò a giocare, ma non aveva i mezzi per farlo. Un gruppo tecnico, forse troppo inesperto. Una rosa costruita male. E un campionato crudele, dove la leggerezza si paga a caro prezzo. Ma nonostante tutto, lo stadio Adriatico applaudì. Fino alla fine. Perché il Pescara aveva provato a non snaturarsi. E in quella sconfitta, c’era almeno la dignità di chi ha voluto restare fedele a se stesso. Una stagione da dimenticare, ma che – in fondo – racconta il coraggio di chi ha provato a volare, anche senza le ali. #pescara #seireatim

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